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Alle porte di Marsiglia, nel sud della Francia, il Parco nazionale delle Calanques attira ogni anno circa 3 milioni di visitatori. Da alcuni anni però la frequentazione in alcune zone del parco è tale da mettere in pericolo il fragile equilibrio dell’habitat naturale. Tra le azioni che l’ente parco sta attuando per limitare gli effetti di questa intensa frequentazione, diverse sono volte ad informare e sensibilizzare i visitatori. E se ci spingessimo ancora più in là, agendo più direttamente sui comportamenti di coloro che frequentano il parco?

Il 29 novembre scorso, a Marsiglia, abbiamo riflettuto a questa domanda, con una conferenza dedicata alla frequentazione del Parco nazionale delle Calanques. Con l’ente parco come invitato speciale, e con l’aiuto di Behavioural Insights Team, un’agenzia specializzata nell’applicazione delle scienze comportamentali, abbiamo analizzato il problema della frequentazione del parco da un altro punto di vista, usando una ‘lente’ comportamentale.

Con questo articolo vogliamo raccontarvi cosa è emerso da queste riflessioni.

Il Parco nazionale delle Calanques

Il Parco nazionale delle Calanques è l’unico parco in Europa a essere peri-urbano e l’unico nell’area mediterranea a essere al tempo stesso continentale, insulare e marino. La sua posizione all’interno del territorio urbano di Marsiglia, la facilità con cui vi si può accedere e la bellezza dei paesaggi che offre lo rendono un parco molto apprezzato e frequentato, oltre a essere un luogo di svago per chi visita la città. La maggioranza dei visitatori è costituita dai  residenti: il parco infatti è molto amato dai marsigliesi, che vi si rendono in tutti i periodi dell’anno.

Dietro i paesaggi da cartolina appare però una realtà che preoccupa sempre di più l’ente parco. Da diversi anni infatti alcune zone del Parco delle Calanques subiscono un afflusso troppo importante di visitatori, e ciò sta provocando conseguenze sempre più serie sull’ecosistema e la biodiversità: erosione del suolo, difficoltà di rigenerazione del manto erboso, degradazione di alcune specie vegetali… In alcune delle Calanques più conosciute, si è arrivati a picchi di 2500 persone al giorno, concentrate in aree molto esigue. Frederique Figueroa, responsabile dell’accoglienza del pubblico e della mobilizzazione dei cittadini presso l’ente Parco nazionale delle Calanques, ci ha presentato alcune delle misure adottate per far fronte a questo problema.

Il caso del Parco nazionale delle Calanques

Calanque d’En Vau durante la stagione estiva. Fonte: Parc national des Calanques

“Il Parco ha investito in alcuni interventi di segnaletica e marcatura dei sentieri, per canalizzare meglio i flussi di visitatori. In aggiunta a queste misure, dopo una fase di sperimentazione, abbiamo avviato per cinque anni un sistema di prenotazione per alcune le Calanques di Sugiton e Pierres Tombées (tra le più frequentate del Parco), durante i week end a giugno e settembre, e tutti i giorni a luglio e agosto. Il sistema consente l’accesso solo a chi prenota in anticipo e stabilisce a 400 il numero massimo di visitatori al giorno.”

La prenotazione obbligatoria ha permesso effettivamente di ridurre la frequentazione nelle Calanques in cui è stata introdotta (Sugiton e Pierres Tombées). La soglia massima di 400 persone al giorno è stata infatti ampiamente rispettata, contro i picchi di 2500 persone al giorno che si potevano osservare in alcuni periodi negli anni scorsi. Da quando è stato introdotto, il sistema di prenotazione ha avuto un impatto positivo sull’esperienza di visita. Questa soluzione  pero’ presenta anche dei limiti: innanzitutto il costo elevato, legato soprattutto alle numerose risorse umane impiegate per gestirla e alla alla mobilizzazione di una società addetta ai controlli, che rende difficile ipotizzare l’estensione del dispositivo a tutto il parco e per tutto l’anno. Negli ultimi anni infatti i picchi di frequentazione  si registrano in tutte le stagioni, non solo d’estate. In secondo luogo sussiste un problema di accettabilità di questo sistema: sono in molti infatti a considerare il Parco come un bene pubblico la cui accessibilità deve continuare ad essere garantita.

Il caso del Parco nazionale delle Calanques

Immagine tratta dalla campagna di comunicazione del parco per promuovere la prenotazione obbligatoria per le calanques di Sugiton e Pierres Tombées. (Fonte: Parco nazionale delle Calanques)

Per l’ente Parco è dunque  necessario interrogarsi su soluzioni complementari al sistema di prenotazione.

Abbiamo colto l’occasione di analizzare il fenomeno della frequentazione del parco con gli occhi di un’ esperta in scienze comportamentali applicate, Claire Dale, responsabile del polo transizione ecologica del Behavioural Insights Team.

Abbiamo proceduto per fasi: in primo luogo scomponendo il problema della frequentazione per identificarne le componenti comportamentali (Quali comportamenti? Di quali gruppi?); poi andando ad analizzare i fattori che permettono di spiegare i comportamenti identificati; infine immaginando delle prime piste di soluzioni per agire sui comportamenti.

Questo esercizio è stato soprattutto un’opportunità per i partecipanti di conoscere l’approccio comportamentale e di comprendere le fasi di applicazione al problema della frequentazione del Parco.

Fase 1: selezionare un comportamento su cui agire

Come prima cosa abbiamo tentato di definire nella maniera più specifica possibile i comportamenti legati alla frequentazione del parco. Ci siamo interrogati su chi fossero i visitatori del parco e per quale scopo lo frequentassero (svago, trekking, sport…).

Per ciascuno di questi profili ci siamo chiesti quale fosse il comportamento da evitare e quale invece quello da incoraggiare.  Anche se i profili e i comportamenti potenzialmente interessanti da analizzare sono molti, per questo esercizio abbiamo scelto di concentrarci sui residenti di Marsiglia che si recano alle Calanques per fare il bagno, immaginando che il comportamento da promuovere fosse quello di scegliere luoghi alternativi.

Fase 2: esplorare un comportamento

Dopo aver selezionato un gruppo di persone preciso (i bagnanti marsigliesi) e un comportamento specifico da promuovere (orientare la scelta dei bagnanti verso luoghi meno frequentati)  abbiamo cercato di capire i fattori determinanti delle loro pratiche attuali e quelli che potrebbero incoraggiarli a visitare altri siti.

In questa fase di esplorazione, Claire Dale ci ha mostrato diversi metodi che gli specialisti delle scienze comportamentali adottano per studiare il contesto e le dinamiche che influenzano il comportamento: l’osservazione sul campo, la raccolta di dati, le interviste, i gruppi di discussione.

Una volta raccolte queste informazioni, si tratta di identificare ciò che impedisce l’adozione del comportamento che si vuole promuovere: in altre parole, tutte le barriere (strutturali, ambientali, sociali, ma anche psicologiche).

Per identificare e categorizzare queste barriere esistono diverse metodologie, ognuna con i suoi punti di forza e limiti. Per il nostro esercizio abbiamo deciso di usare il “Barrier identification tool” sviluppato da BIT sulla base del framework “COM-B model of behaviour change”.

Il caso del Parco nazionale delle Calanques

COM-B model for understanding the behaviour of the behaviour change wheel. COM-B, capability, opportunity, motivation-behaviour.

Nel caso del Parco delle Calanques, e in particolare dei bagnanti residenti a Marsiglia che vorremmo orientare verso luoghi alternativi, ecco alcune delle barriere che abbiamo identificato con l’ente parco e con il pubblico presente alla conferenza:

  • Le persone sono abituate ad andare nello stesso posto (automatismo, pigrizia)
  • Le persone si recano nei luoghi più accessibili con i mezzi di trasporto
  • Le persone non conoscono i siti alternativi
  • Le persone vogliono andare nelle “vere Calanques”, considerando che solo quelle più conosciute sono “autentiche”
  • Le persone si recano nei posti dove vanno tutti

Nonostante i limiti di un esercizio fittizio che richiederebbe ovviamente un tempo di analisi più lungo ed il confronto con diversi tipi di dati ed di informazioni, il solo fatto di analizzare il problema concentrandosi sui comportamenti ha permesso ai partecipanti di modificare la loro visione del problema stesso.

BIT ha messo online una versione demo del tool. Cliccate sul link, poi inserite il comportamento specifico che desiderate modificare e il tool vi proporrà alcune delle più comuni barriere comportamentali che potrebbero ostacolare il comportamento desiderato.
Il caso del Parco nazionale delle Calanques

La Calanque di Sugiton a luglio 2020. Fonte: PHOTOPQR / LA PROVENCE / VALERIE VREL / MAXPPP

Fase 3: immaginare le soluzioni possibili

Nell’ultima parte della conferenza abbiamo immaginato le soluzioni possibili per risolvere il problema. Una volta identificati i fattori determinanti di un comportamento, abbiamo esplorato le le strategie comportamentali  pertinenti per agire su di esso (e quali invece potrebbero non funzionare, o avere l’effetto opposto).

Tra le idee emerse dal pubblico presente possiamo citare la messa a disposizione di guide all’ingresso del parco, per orientare e consigliare i visitatori, oppure il potenziamento dell’effetto passaparola. O ancora immaginare dei piccoli interventi infrastrutturali per rendere i siti alternativi più adatti a un pubblico specifico, per esempio facilitare l’accesso alle famiglie con bambini, includere più punti acqua, ecc.

Claire Dale ci ha anche presentato alcuni esempi di soluzioni che sono state testate in altri siti patrimoniali per gestire la frequentazione e per promuovere circuiti alternativi.

Ad Amsterdam, per esempio, la città ha sviluppato una app per fornire dati in tempo reale sulla frequentazione di luoghi più visitati della città. La app permette di monitorare e di prevedere le dimensioni, la densità, la direzione e la velocità della folla nello spazio pubblico.

Nella regione Provenza Alpi Costa Azzurra, di cui fa parte anche Marsiglia, tra il 2020 e il 2023 è stato sperimentato un partenariato con Waze, app equivalente a Google Maps, molto conosciuta e usata in Francia. Per questa sperimentazione è stato usato lo strumento Waze Ads per far visualizzare messaggi sull’app durante la navigazione: nei giorni di maggiore affluenza, questi messaggi avvisavano gli automobilisti che usavano Waze di un eventuale sovraffollamento e suggerivano loro di deviare verso un parcheggio alternativo o addirittura verso un altro sito.

A Firenze, nel 2021, BIT ha condotto un workshop con lo staff del comune e dell’ufficio del turismo, per promuovere luoghi della città meno conosciuti eppure di grande valore patrimoniale. Tra le molte idee emerse c’è stata quella di immaginare delle “hate guides”, guide turistiche per chi “odia il sole”, oppure per chi “odia il gelato” (ma adora la pizza), o ancora per chi “odia i musei”. Immaginando un tono un po’ scherzoso e insolito per una guida turistica, ma efficace per promuovere modi alternativi per visitare Firenze. Un’altra idea interessante è stata quella di usare la landing page del WiFi comunale per far apparire in evidenza su una mappa luoghi di Firenze meno conosciuti, all’interno del centro storico, rispetto ai soliti “must see”.

Fase 4: valutare l’efficacia delle soluzioni

Come abbiamo visto, le soluzioni per agire sui comportamenti possono essere molteplici e di varia natura, talvolta molto semplici , talvolta originali o addirittura strambe. Come scegliere allora quella più adatta e più efficace?

Una sola soluzione: prima di adottare una strategia, bisogna testarla e valutarla.

Claire Dale ha presentato alcuni dei metodi più usati per effettuare il test di una soluzione e valutarne l’efficacia.

L’interesse di testare una soluzione è duplice:

  • Aiuta a capire se la soluzione in sé funziona o no, permettendo di adattarla eventualmente prima di proporla su larga scala (ed evitando sprechi di tempo e di denaro);
  • Ridurre eventuali rischi di un impatto negativo.

Per farci capire ancora meglio l’importanza della fase di test, Claire Dale ci ha raccontato l’esperienza del Parco nazionale di Petrified Forest, in Arizona. In questo Parco, diversi visitatori avevano la cattiva abitudine di portarsi a casa dei pezzi di legno pietrificato.

Il caso del Parco nazionale delle Calanques

Parco nazionale di Petrified Forest

In uno studio condotto nel 2006 (Cialdini, Demaine, Sagarin, Barrett, Rhoads, & Winter (2006)) sono stati realizzati dei cartelli che permettessero di scoraggiare questo comportamento, dannoso per il parco. Il test di diversi tipi di messaggi ha permesso non solo di identificare quale fosse più efficace, ma anche di rendersi conto che alcuni messaggi potevano avere l’effetto opposto, incoraggiando ancora più persone a prendere pezzi di legno.

Si pensi, ad esempio, alla celebre mosca finta posta negli urinatoi dei bagni maschili dell’aeroporto di Schipol, ad Amsterdam, per aiutarli a ‘mirare’ meglio. Si stima che questo nudge abbia permesso di ridurre dell’8% il costo della pulizia nei bagni.

Uno dei cartelli recava il seguente messaggio: “Molti visitatori passati hanno rimosso il legno fossilizzato dal Parco, modificando lo stato naturale della Foresta Pietrificata.” Il test ha fatto emergere che, con questo tipo di cartello, la percentuale di coloro che prendevano pezzi di legno era più alta (7,9%) rispetto a quando si usava il messaggio “Si prega di non rimuovere il legno pietrificato” (1,6%).

Lo studio insegna che evidenziare un comportamento effettuato dalla maggior parte delle persone, quando esso è sfavorevole, rischia di incoraggiarlo invece di prevenirlo.

L’esperienza del Parco nazionale di Petrified Forest insegna anche che è fondamentale testare l’efficacia di una soluzione prima di proporla su larga scala. Cosa sarebbe successo, infatti, se l’ente parco avesse direttamente adottato primo messaggio che abbiamo citato, per tutti i cartelli del parco?

In conclusione

Adottare una lente comportamentale quando si guarda ad un problema puo rivelarsi utile ed efficace, in particolare  quando questo problema presenta un importante componente umana.

L’approccio comportamentale si concentra sui meccanismi, talvolta anche irrazionali e/o incontrollati, che stanno alla base delle scelte umane.

In ambito turistico, le situazioni in cui il fattore umano è centrale sono innumerevoli. L’applicazione delle scienze comportamentali potrebbe dunque rivelarsi uno strumento particolarmente interessante per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità a cui il mondo del turismo è oramai confrontato.

Il 29 novembre abbiamo voluto metterci nei panni di un esperto comportamentale chiamato a risolvere il problema dell’iperfrequentazione di un parco naturale come quello delle Calanques. Al di là dell’esercizio, sono molte le situazioni reali in cui l’approccio comportamentale è stato effettivamente utile per risolvere un problema di sostenibilità. Ne trovate alcune nella Compilation of nudges prodotta dai partner del progetto Nudge My Tour.

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Questa serie di articoli è resa possibile grazie al progetto Nudge My Tour, cofinanziato da Erasmus+. Nudge My Tour è coordinato da AVITEM con la partecipazione dell’Università di Padova, dell’Università di Bologna, dell’Università di Girona, del Centre National de la Fonction Publique Territoriale (CNFPT), dell’Institute for Tourism – Zagreb e di iNudgeyou – The Applied Behavioural Science Centre.

Per saperne di più e accedere ai tool pedagogici sviluppati dal progetto: https://nudgemytour.com/

  • Nel primo articolo della nostra serie sulle scienze comportamentali applicate al turismo, pubblicati su Officina Turistica, Giulia David di AVITEM introduceva il ruolo primordiale del cambiamento dei comportamenti nella transizione sostenibile del turismo.
  • Nel secondo articolo, Caroline Gundersen di iNudgeyou – The Applied Behavioural Science Centre presentava le definizioni di nudge e nudging, analizzando come attivare concretamente un cambiamento comportamentale. Nell’articolo viene descritto il metodo BASIC (Hansen & OCSE 2019) come strumento per identificare e concettualizzare le questioni legate alle policy in termini di comportamento, permettendo di individuare le conoscenze comportamentali (Behavioural Insights) rilevanti per formulare strategie efficaci.
  • Nel terzo articolo, Marta Caserotti e Enrico Rubaltelli dell’Università di Padova approfondiscono la complessità delle decisioni e illustrano alcuni dei molti processi psicologici che guidano il comportamento dei turisti.

Giulia David

Torinese espatriata a Marsiglia, Giulia David si occupa da più di 10 anni di progetti di cooperazione. Oggi coordina progetti e iniziative di cooperazione europea sul turismo sostenibile, in particolare su nuovi approcci per accompagnare la transizione dell’ecosistema turistico. Si occupa in particolare di progetti che esplorano la dimensione comportamentale delle sfide che interessano il settore, al fianco di partner europei che lavorano, a vario titolo, su questi temi. Ciò che le interessa in particolar modo è rendere la conoscenza accessibile, tradurre temi complessi ma fondamentali in modo che sia più facile comprenderli. Per farlo usa le parole, tramite brevi articoli o workshop pratici, ma soprattutto le immagini, tramite il suo mestiere parallelo di graphic recorder.

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Torinese espatriata a Marsiglia, Giulia David si occupa da più di 10 anni di progetti di cooperazione. Oggi coordina progetti e iniziative di cooperazione europea sul turismo sostenibile, in particolare su nuovi approcci per accompagnare la transizione dell’ecosistema turistico. Si occupa in particolare di progetti che esplorano la dimensione comportamentale delle sfide che interessano il settore, al fianco di partner europei che lavorano, a vario titolo, su questi temi. Ciò che le interessa in particolar modo è rendere la conoscenza accessibile, tradurre temi complessi ma fondamentali in modo che sia più facile comprenderli. Per farlo usa le parole, tramite brevi articoli o workshop pratici, ma soprattutto le immagini, tramite il suo mestiere parallelo di graphic recorder.

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